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Il castello scaligero di Sirmione è una rocca di epoca scaligera, unico punto d'accesso al centro storico di Sirmione. Si tratta di uno fra i più completi e meglio conservati castelli d'Italia,[1] oltre che raro esempio di fortificazione lacustre.


Il castello è bagnato su tutti i lati dalle acque del lago di Garda, e su uno di questi lati è stata realizzata, poco dopo la costruzione del castello, la darsena, che un tempo rappresentava il luogo di rifugio della flotta scaligera.
Le mura e le tre massicce torri maggiori sono caratterizzate dalle merlature a coda di rondine che contraddistinguono ogni costruzione scaligera: dietro questi tre torrioni emerge l'imponente mastio, alto 47 metri, sotto al quale si trovavano le celle destinate ai prigionieri.

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La costruzione della rocca ebbe inizio intorno alla metà del XIII secolo, probabilmente sui resti di una fortificazione romanaCirca un secolo dopo sono stati aggiunti due cortili e una fortificazione indipendente, unita tramite barbacane a quella principale, per aumentare le difese della fortezza. Nel 1405 Sirmione passò sotto il controllo della

Repubblica di Venezia durante la cui dominazione iniziò un'opera di rafforzamento delle strutture difensive. Fu in questo periodo che venne realizzata la darsena oggi visibile, anche se si suppone che fosse già presente una darsena scaligera, probabilmente lignea. Sirmione mantenne il primato di postazione difensiva fino al XVI secolo, quando, per motivi politici, la fortezza di Peschiera del Garda venne modernizzata.

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Si narra che tanto tempo fa nel castello vivesse un ragazzo di nome Ebengardo con la sua innamorata Arice: i due giovani trascorrevano una vita serena, fino a quando il loro amore venne interrotto da un tragico episodio. Durante una notte tempestosa chiese riparo nel castello Elalberto, un cavaliere Veneto proveniente dal territorio feltrino.

La coppia ospitò il cavaliere che però, rimasto sbalordito dalla bellezza della fanciulla, durante la notte la raggiunse nella sua camera. Arice iniziò a gridare spaventata e Elalberto la pugnalò. Nel frattempo Ebengardo corse nella stanza dove trovò Arice senza vita, fu così che, accecato dalla rabbia, si impadronì del pugnale e uccise Elalberto.

La leggenda vuole che ancora oggi, nelle notti di tempesta, si possa vedere l'anima di Ebengardo vagare per il castello alla ricerca di Arice.

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